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Recovery Plan e non solo: perché è urgente costruire alleanze tra PA e società civile

Se non ora quando? Ormai è diventato un leitmotiv o, se preferite, un meme come quelli di Bernie Sanders seduto un po’ dappertutto: non passa giorno senza che qualcuno ricordi che i fondi Next Generation EU – che si sommano ai tradizionali “fondi europei” – sono un’occasione da non perdere.

Ora che i vincoli di bilancio si sono, almeno in parte, allentati, e proprio ora che occorre investire nella capacità della PA di rispondere a sfide decisive come la transizione ecologica e digitale, non ci sono più scuse. La PA italiana ha bisogno di energie fresche e ne ha bisogno adesso, per giocarsi la possibilità che queste risorse aggiuntive siano davvero strumento efficace di sviluppo.

Di pari passo al rafforzamento delle competenze interne, in tanti riconoscono l’importanza di fare buon uso del patrimonio di capacità e conoscenze che sono già disponibili all’esterno della PA. La società civile, dalle realtà nazionali fino ai gruppi informali di cittadini a livello locale, è una risorsa in grado non solo di contribuire al rafforzamento dell’inadeguato “parco progetti” su cui concentrare gli investimenti, ma soprattutto di sostenere l’attuazione di politiche e progetti nel (poco) tempo che avremo a disposizione.

“Attuazione efficace” è la parola chiave delle politiche di investimento: progetti realizzati nel rispetto degli obiettivi e dei tempi, fondi spesi – e spesi bene – nei territori dove sono realizzati. Le PA, soprattutto locali, che hanno iniziato a interagire con la pratica del monitoraggio civico dei fondi pubblici, pur scontando talvolta un iniziale “costo” in termini di esposizione e apertura al confronto, non possono negare i vantaggi. A differenza del tradizionale monitoraggio amministrativo, il monitoraggio condotto dalle comunità civiche si concentra sul presidio dell’avanzamento e sulla valutazione dell’efficacia dei singoli progetti finanziati, dal punto di vista dell’utente finale. Studenti, associazioni e comunità di cittadini attivi, dopo ricerche approfondite e spesso a seguito di una formazione ad-hoc, mettono a disposizione delle Amministrazioni le loro esperienze, conoscenze del contesto di riferimento e specifiche expertise per costruire meccanismi di collaborazione strutturata.

Il primo passo per innescare questo circuito virtuoso è aprire i dati pubblici e comunicare in modalità “leggibili” e utilizzabili le informazioni rilevanti per costruire un dibattito non formale con la cittadinanza. La campagna Dati Bene Comune, inizialmente promossa da alcune realtà di nicchia che promuovono la trasparenza e il paradigma dei dati pubblici aperti, conta ora l’adesione di decine di migliaia di persone grazie all’evidente necessità di avere dati sanitari aperti e riutilizzabili. Sui progetti del Recovery Plan è importante che il Ministero dell’Economia e Finanze rilasci dati e informazioni sui progetti in attuazione (cosa e dove si sta finanziando?) e sui risultati (attraverso indicatori misurabili), facendo tesoro dell’esperienza già maturata per il Sistema Nazionale di Monitoraggio dei fondi europei.

Il secondo e decisivo passo è rendere i processi decisionali pubblici più inclusivi, tramite l’apertura delle sedi e dei meccanismi istituzionali già esistenti ai soggetti esterni alla PA. Il Codice di Condotta europeo in tema di coinvolgimento del partenariato è un obbligo cogente che va messo in pratica a vantaggio di tutti, promuovendo nel contempo l’acquisizione delle competenze per comprendere e interpretare un universo complesso che abbonda di tecnicismi, linguaggi specifici e una stratificazione istituzionale di non facile lettura.

Per le PA che vogliono impegnarsi, il compito è più facile che in passato: parte del lavoro di “civic engagement” è già fatto. L’iniziativa Ripartenza a porte aperte, nata dalle associazioni dell’Open Government Forum italiano, offre un coinvolgimento attivo nella “fase di definizione dei contenuti del Piano e il successivo monitoraggio delle spese e dei risultati raggiunti”. Parallelamente, si è costituito un Osservatorio indipendente sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che per la prima volta trova compatte tutte le principali realtà nazionali della società civile attive nel campo della trasparenza e della partecipazione pubblica. L’obiettivo è “creare un’ampia campagna di monitoraggio civico” sull’uso dei fondi, facendo leva sulle esperienze complementari delle associazioni aderenti.

Cosa si può fare ora? In attesa che il Recovery Plan entri nel vivo dell’attuazione, l’iniziativa Monithon, che vanta un’esperienza pluriennale nel monitoraggio civico e oltre 850 report pubblicati su altrettanti progetti pubblici, propone di concentrarsi intanto sulle risorse europee già in campo per le politiche ambientali, nell’ambito di un progetto con l’associazione Lunaria finanziato dalla Commissione Europea. Il metodo di Monithon, basato sulla disponibilità dei dati di OpenCoesione, associa alla valutazione dello stato di avanzamento dei progetti, la misurazione dell’efficacia dei singoli interventi e la raccolta di suggerimenti immediatamente utilizzabili per “sbloccare” un progetto o migliorarne l’efficacia. Tutto questo a partire dalle evidenze raccolte, tramite visite dirette e interviste, dalle comunità che da quel progetto sono direttamente impattate. Qui un bell’esempio.

Il prossimo 16 aprile e 21 maggio è in calendario una due-giorni gratuita e aperta a tutti per imparare e mettere in pratica il metodo del monitoraggio civico in campo ambientale. Al centro della formazione e del dibattito saranno i progetti per l’efficientamento energetico, la prevenzione del rischio idrogeologico, la gestione dei rifiuti, le reti idriche, il trattamento delle acque reflue, la mobilità sostenibile, la valorizzazione del patrimonio naturale e altro ancora. Solo per il dissesto idrogeologico si parla di oltre duemila progetti e 2,6 miliardi di soli fondi europei dal 2007.

Nella prima giornata (16 aprile) si imparerà a scoprire e valutare i progetti, sia attraverso la presentazione di nuovi strumenti su Monithon.eu – tra cui una mappa interattiva realizzata da Sheldon Studio – sia attraverso alcune buone pratiche, tra cui il Laboratorio sulle Politiche di Coesione dell’Università di Torino e il progetto A Scuola di OpenCoesione, la principale fonte di report di monitoraggio civico in Italia. 50 studenti dell’Università si metteranno al lavoro per monitorare 8 progetti di mobilità sostenibile a Torino. L’obiettivo è anche di innescare l’iniziativa autonoma delle realtà civiche in tutta Italia. Ad oggi, già varie amministrazioni regionali hanno garantito il loro supporto nel facilitare le visite e le interviste con i beneficiari, tra cui Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia e Toscana.

Nella seconda giornata i risultati dei monitoraggi verranno discussi con la Commissione Europea e le amministrazioni coinvolte. Subito dopo partirà una tavola rotonda per la costituzione di una “Rete nazionale di monitoraggio civico dei fondi europei per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile”. Anche grazie al supporto della rete della Campagna Sbilanciamoci!, parteciperanno molte tra le principali associazioni attive nel campo dell’ambiente e della trasparenza delle politiche pubbliche, tra cui Legambiente, Kyoto Club, WWF Italia, Alleanza per la Mobilità Dolce, Fridays for Future Italia, Transparency International Italia, ActionAid, Cittadinanzattiva, Forum Disuguaglianze Diversità.

L’occasione è di quelle da non perdere. I fondi sono già tanti e molti altri presto arriveranno. Meglio farsi trovare preparati e sperimentare da subito alleanze non formali, ma sostanziali, tra PA e società civile.

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