Ticker

6/recent/ticker-posts

Ad Code

Responsive Advertisement

Che cosa vuol dire un Oscar per una società di streaming

In Italia c’è Sanremo, negli Stati Uniti ci sono gli Oscar. Fra le tante cose che hanno in comune (tra cui, quasi, quanto sono seguiti: un dato interessante, considerato che gli USA hanno cinque volte gli abitanti dell’Italia, ma gli spettatori dei massimi premi del cinema sono solo una volta e mezza rispetto a Sanremo, 18 milioni contro 12/14) c’è il fatto che stiano cercando di svecchiarsi con scelte che strizzano l’occhio alle nuove generazioni (può Lazza essere il corrispettivo canoro di Everything everywhere all at once?) e, soprattutto, che per quanto vengano snobbati rimangono un trampolino di lancio eccezionale per chi vuole vendere. Cioè tutti, dai servizi di streaming alle case discografiche.

In Italia c’è il fattore Amadeus

Per capirci, e per capire come Amadeus sia diventato in questo senso una macchina da guerra, basta guardare i dati di vendita: nel 2020 dopo due settimana del Festival i brani certificati – cioè quelli che avevano già guadagnato un disco d’oro o un disco di platino – erano 35.000 grazie al disco d’oro di Diodato con Fai rumore. Nel 2023, e a dispetto di soglie che sono aumentate rispetto al 2020 (ora il disco d’oro si raggiunge con 50.000 copie invece di 35.000, quello di platino con 100.000 copie invece di 70.000) i brani certificati dopo due settimane sono ben dieci, di cui i tre sul podio, quelli di Marco Mengoni, Lazza e Mr. Rain già dischi di platino, per un totale di 650.000 copie. Altro indiscusso Re Mida è Ultimo, che il disco d’oro (in una sola settimana) l’ha guadagnato non per un brano ma, appunto, per il disco, Alba, a dispetto del podio mancato nella gara per una sola posizione.

Le nomination fanno volare i download

E lo streaming? E gli Oscar? Data.ai ha raccolto i dati prima dell’edizione degli Academy che hanno visto il film dei Daniels trionfare con sette Oscar, tra cui più o meno tutti quelli più importanti, in controtendenza rispetto agli anni scorsi. Le piattaforme battono cassa: basti pensare che i download dell’app di Paramount+, dopo l’annuncio delle nomination lo scorso 24 gennaio, sono aumentati dell’80% in una settimana, grazie a Everything everywhere all at once e a Top Gun: Maverick. Crescita nei download anche per Netflix e Amazon Prime Video (non eclatante come quella di Paramount+, ma in entrambi i casi si partiva da una base già più numerosa) per merito di The Fabelmans di Spielberg (snobbato però dalle statuette), il biopic con Ana de Armas su Marylin Monroe Blonde e Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Il caso Wakanda Forever: tre mesi dalle sale al salotto

Un’ulteriore testimonianza di quanto, grazie anche a una distribuzione streaming che almeno negli USA è molto vicina all’uscita nei cinema (se non contemporanea, o addirittura esclusiva), le piattaforme più importanti stiano sostituendo le grandi sale anche per l’uscita dei film di primo piano. In Italia abbiamo avuto il caso di Wakanda Forever, il blockbuster seguito di Black Panther che, girato in piena pandemia, ha incontrato numerose difficoltà (tra quelle quasi insormontabili la morte dell’attore protagonista del primo episodio, Chadwick Boseman). Ebbene, Wakanda Forever ha impiegato nemmeno tre mesi per arrivare dalle sale a Disney+, la piattaforma che ospita tutti i film dell’universo Marvel. E non si parla di un flop, tutt’altro, ma di un film che ha convinto pubblico e critica, e che per di più – tra grandi scene collettive ed effetti speciali – è nato proprio per la visione in un cinema, con un grande schermo e un impianto sonoro di qualità. Una volta c’erano i direct to VHS, i film (che un po’ sbrigativamente si definivano “di serie B”) che non passavano nemmeno per le sale e uscivano direttamente in videocassetta, e poi in DVD. Ora una sorte simile sembra toccare, almeno parzialmente, anche a film da centinaia di milioni di dollari, ed è un dato che fa riflettere.

I fattori del successo del grande cinema in streaming

Oltre alle oggettive difficoltà dovute ai lockdown degli ultimi anni, i motivi per questo cambio di paradigma sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte, certo, l’abbondanza di servizi di tv streaming che spuntano un giorno sì e l’altro pure, soprattutto nei mercati emergenti (basti vedere i numeri di un’applicazione del tutto sconosciuta da noi come MX Player in quello che sta rapidamente diventando il mercato più importante del mondo, l’India); poi le offerte sempre più convenienti per Internet casa ad altissima velocità con la fibra (su SOStariffe.it si possono confrontare le promozioni in corso e toccare con mano il possibile risparmio); poi un’hardware casalingo decisamente concorrenziale, con schermi da 65” o anche da 75” a prezzi abbordabili e altoparlanti o soundbar di altissimo livello. Il tutto senza muoversi di un passo dal divano di casa e scegliendo tra un catalogo infinitamente più ampio degli 8-10 film dei più grandi multisala.

I dati delle app di streaming

Sempre secondo i numeri raccolti da data.ai, i download globali di applicazioni per lo streaming video sono aumentati del 23% da un anno all’altro nel 2022, quando la “scusa” della pandemia per giustificare l’abbandono delle sale – o perlomeno il crescente successo del “cinema in casa” – non regge più. Secondo le ultime rilevazioni, sono tre miliardi, un pubblico che il cinema non potrà mai sognare di avere. E per quanto riguarda la spesa – non soltanto relativa agli abbonamenti: molti film si possono soltanto acquistare prima di entrare nel circuito dello streaming aperto a tutti, comunque per un costo inferiore a quello di un biglietto – questa è arrivata a 7,2 miliardi di dollari nel mondo, con una crescita rispetto all’anno precedente del +12%. Gli Stati Uniti contribuiscono a questi dati per il 44%.

Dagli Oscar alle piattaforme, i prossimi arrivi

Mentre Amazon Prime Video, con i suoi dieci anni appena compiuti, raggiunge Netflix (14) tra i servizi di streaming con un’età a doppia cifra, le guerre dello streaming non accennano a interrompersi. E anche i film premiati (o comunque nominati) agli Oscar sono pronti per sbarcare sulle piattaforme nei prossimi mesi, o lo hanno già fatto: per Everything everywhere all at once si parla di Prime o Paramount Plus, Avatar: la via dell’acqua sarà disponibile per l’acquisto dal 28 marzo su Apple TV Plus e Amazon Prime Video, Niente di nuovo sul fronte occidentale, prodotto da Netflix, è già da un po’ in catalogo, Top Gun: Maverick è già su Paramount Plus, il Pinocchio di Guillermo del Toro è su Netflix.

The post Che cosa vuol dire un Oscar per una società di streaming appeared first on Key4biz.

Enregistrer un commentaire

0 Commentaires