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La sfida della valutazione e del merito: la nuova direttiva e il necessario cambio culturale

Valutazione dei dipendenti pubblici: si cambia. La direttiva firmata il 28 novembre dal Ministro Paolo Zangrillo vuole riportare l’attenzione e inserire elementi di discontinuità rispetto alla misurazione e valutazione della performance individuale nel settore pubblico. L’obiettivo è riconoscere alle persone che lavorano nella PA una nuova centralità, inserendo il processo di valutazione in un contesto più ampio, in cui si guarda non solo ai risultati del singolo, ma anche alla capacità dell’organizzazione di valorizzare il merito, aggiungere valore, potenziare le competenze e i talenti delle persone.

In uno scenario che, come ormai è chiaro a tutti, richiede alle amministrazioni un salto di qualità per essere al centro del processo di innovazione del Paese, di governarlo e guidarlo, il documento sottolinea la necessità di passare dalla tradizionale valutazione effettuata dal superiore gerarchico a un approccio più inclusivo e collaborativo. Ecco, quindi, la valutazione dal basso con i collaboratori che valutano i propri superiori, la valutazione tra pari e la valutazione collegiale. Il tutto con l’obiettivo di adottare un sistema di valutazione a tutto tondo, in cui forme diverse e complementari garantiscano un riscontro più oggettivo e completo.

Gianni Dominici, Amministratore delegato di FPA, ha commentato questo aspetto della direttiva qualche giorno fa a Tgcom24 (qui l’intervento).

Al fianco della valutazione c’è poi l’altra faccia della stessa medaglia: la valorizzazione del merito, che si basa non solo sulle competenze attualmente possedute, ma anche sul potenziale (personale e professionale) da sviluppare. Le organizzazioni devono essere in grado di far fiorire quel potenziale, in un processo di apprendimento e miglioramento continuo (una declinazione del life long learning all’interno dell’ambiente di lavoro). In questo contesto, sono i dirigenti a dover promuovere attivamente attività di formazione e aggiornamento dei dipendenti (in particolare con piani formativi individuali): i dirigenti non sono più solo responsabili della gestione delle risorse umane, ma anche della loro crescita. Tra le loro competenze deve esserci anche quella di motivare il personale – in una parola, la “leadership” – e anche su questa devono essere valutati. Le competenze tecniche sono importanti, ma non bastano più e la direttiva sottolinea la necessità di prevedere, oltre alle competenze digitali e a quelle di project management, anche una formazione specifica per rafforzare le competenze trasversali necessarie a guidare processi di transizione digitale, ecologica e amministrativa. Tra le competenze da sviluppare e su cui essere valutati: la capacità di superare gli schemi consolidati, il conseguire i risultati e il “far accadere le cose”, la tempestività, la piena assunzione delle proprie responsabilità, la costruzione di team ad alte performance.

“Quando si misura il merito di una persona – ha sottolineato il Ministro Zangrillo – non si esprime una valutazione valoriale sulla persona, ma si declina il suo profilo di competenze, di esperienze, il suo potenziale. Quindi, valutare il merito significa misurare la capacità che abbiamo di esprimere i nostri talenti, le nostre virtù; significa individuare le aree di miglioramento, in fin dei conti significa impegnarsi a far crescere le persone, che si traduce nel creare Valore Pubblico”.

Ma come premiare poi i dipendenti con le migliori performance? Non solo con gli incentivi economici previsti dai CCNL, ma anche con attività di coaching e mentoring, percorsi formativi di alta qualità, e riconoscimenti reputazionali all’interno dell’organizzazione.

Le nostre pubbliche amministrazioni sono pronte ad adottare questo approccio? La domanda è aperta, ma il percorso tracciato è certamente importante perché insiste su un necessario cambio culturale, prima di tutto da parte dei dirigenti, ma non solo. Tutti i dipendenti sono chiamati a modificare il proprio sguardo su obiettivi e prospettive del proprio lavoro quotidiano.

Il commento

Per capire più in dettaglio cosa cambia con la direttiva e cosa ci possiamo aspettare, abbiamo sentito  Enrico Deidda Gagliardo – Direttore scientifico CERVAP Centro di Ricerca sul Valore Pubblico, Master PERF.ET, Master in Public Management&Innovation, Prorettore “Programmazione, Bilancio e creazione di Valore Pubblico” dell’Università di Ferrara – con il quale da diversi anni approfondiamo questi argomenti, organizzando insieme, tra le altre cose, anche un articolato percorso formativo sul tema del PIAO all’interno della FPA Digital School. Ecco cosa ci ha detto.

Cosa cambia con questa direttiva? Quali sono le novità principali?

La Direttiva del Ministro per la PA si inserisce nel solco delle Linee Guida del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2/2017 (Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance o SMVP) e n. 5/2019 (Misurazione e valutazione della performance individuale), verso l’obiettivo comune di trasformare la valutazione della performance individuale da strumento adempimentale di distribuzione, di fatto, a pioggia delle poche risorse finanziarie premiali ad uno strumento, non più formale ma finalmente sostanziale, di gestione e sviluppo delle risorse umane e di valorizzazione del merito, orientato al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’amministrazione e funzionale alla creazione di Valore Pubblico.

Cosa ci aspettiamo, che portata potrebbe avere?

Possiamo aspettarci fisiologiche reazioni di scetticismo e resistenza, figlie di decenni di disillusione sull’equità dei sistemi valutativi. Ma sotto la cenere della diffidenza, nel cuore di ogni dipendente pubblico c’è il desiderio di vedere riconosciuto il merito per il proprio senso dell’Istituzione, per il suo impegno, per il suo contributo alla generazione di Valore Pubblico. Se, e solo se, si manterranno le promesse contenute nella direttiva, creando le condizioni abilitanti per una sua effettiva attuazione, allora il desiderio individuale di valorizzazione del merito potrà creare una svolta culturale collettiva.

Riusciranno le amministrazioni (a partire dai dirigenti) a mettere in atto quanto scritto nella direttiva?

La direttiva è volutamente alta perché intende scrivere i principi portanti di una nuova cultura valutativa. Per metterla a terra occorrerà creare condizioni abilitanti di tipo finanziario (risorse finanziarie adeguate), di tipo metodologico (Linee Guida attuative, comunità di pratica, percorsi formativi e laboratori applicativi, kit metodologici) e di tipo digitale (software di supporto alla valutazione 360°).

FOCUS: le novità principali della direttiva

Ecco le novità principali, distribuite lungo le varie fasi del ciclo della performance (focus a cura di Enrico Deidda Gagliardo NdR):

  • Fase di definizione del SMVP: innanzitutto, le PA devono realizzare un consolidamento metodologico degli attuali SMVP attraverso l’adozione del metodo valutativo 360° (dall’alto, dal basso, fra pari, collegiale, dall’esterno): l’utilizzo della classica valutazione gerarchica è parziale e risente della soggettività e dell’eventuale inadeguatezza metodologica del valutatore; l’utilizzo combinato di molteplici forme di valutazione consente, invece, di arrivare ad una valutazione più oggettiva e metodologicamente solida laddove i diversi metodi valutativi restituiscano una valutazione contenuta nello stesso intervallo statistico. Un secondo tassello del consolidamento metodologico degli SMVP è costituito dal rafforzamento dei meccanismi della differenziazione e della valutazione negativa fino ad ora aggirati o non attivati: la differenziazione deve essere adeguata e non ridursi allo “0 virgola” e occorre prevedere una soglia valutativa minima al di sotto della quale la valutazione diviene negativa. Un ulteriore tassello del consolidamento metodologico è costituito dall’adeguata correlazione tra performance individuali, performance organizzative e Valore Pubblico: le performance individuali vanno programmate come contributi oggettivi (obiettivi) e soggettivi (risultati attesi) funzionali al perseguimento delle performance organizzative e, tramite queste, agli obiettivi di Valore Pubblico;
  • Fase di programmazione: attraverso un colloquio preventivo, il valutatore concorda con il valutato gli obiettivi e i comportamenti attesi;
  • Fase di gestione: attraverso un colloquio concomitante o performance interviews, il valutatore fa il punto della situazione sul livello di raggiungimento di obiettivi e risultati insieme al valutato per risolvere insieme eventuali problematiche;
  • Fase di misurazione e valutazione: attraverso un colloquio di feedback o consuntivo, il valutatore illustra al valutato gli esiti della valutazione aiutandolo a rafforzare i punti di forza e, soprattutto, a correggere i punti di debolezza che hanno impedito il pieno raggiungimento di obiettivi e comportamenti attesi. La Valutazione dei comportamenti va focalizzata sulla leadership: la leadership è il principale comportamento atteso dai dirigenti perché costituisce leva abilitante per il funzionamento delle organizzazioni; la leadership deve essere orientata alla motivazione del personale e alla crescita individuale delle persone, anche al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi organizzativi;
  • Fase di valorizzazione del merito: ogni amministrazione misura il suo successo in ragione della capacità di valorizzare il capitale umano; ogni dirigente deve conoscere i propri collaboratori, aiutarli a superare i loro punti di debolezza, aiutarli a sviluppare il proprio potenziale. Il merito può essere valorizzato con l’introduzione di forme di rewarding (progressioni di carriera; coaching; mentoring; alta formazione; riconoscimenti reputazionali; flessibilità d’orario; ecc.) dal potere sia incentivante (stimolo e orientamento dei comportamenti al miglioramento), sia premiale (premio dei comportamenti individuali agiti che abbiano rispettato i comportamenti attesi dall’amministrazione);
  • Fase di realizzazione delle azioni correttive: la formazione ha un ruolo fondamentale per la creazione della cultura della valutazione e per la costruzione delle competenze dirigenziali, sia tecniche che trasversali. Il dirigente deve farsi carico e prendersi cura dello sviluppo delle competenze del personale ad esso assegnato attraverso percorsi formativi individuali diretti a sviluppare le potenzialità e a correggere i punti di debolezza emersi dalla valutazione dei comportamenti e degli obiettivi.

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