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La Giornata Parlamentare. La politica si confronta su Stellantis. No di Elkann alle audizioni alla Camera

Meloni attacca sui dossieraggi e i giudici sulla questione migranti

La premier Giorgia Meloni, intervistata a tutto campo da Bruno Vespa a Cinque Minuti e poi a Porta a Porta, coglie l’occasione di tornare sul tema dei dossieraggi: “In questa Nazione c’è un mercato delle informazioni, si entra nelle banche dati, si rubano informazioni sensibili e si rivendono, come una volta si faceva con i gioielli. Penso si debba mettere fine a questo schifo. Abbiamo visto diversi casi, pare ce ne sia un altro a Roma. Tutti casi che vanno avanti da anni, noi prima che venissero fuori avevamo già varato un decreto sulla cybersicurezza. Ma, secondo me, la cosa più importante è l’infedeltà dei funzionari, che dovrebbero proteggere le banche dati e usano il loro potere per fare altro. Su questo bisogna essere implacabili”. E anche sul tema dei migranti la premier mostra la consueta risolutezza, come sul protocollo con l’Albania, osteggiato dalle opposizioni ma sul quale si dice “convinta che la ragione per cui si sta facendo qualsiasi cosa possibile” per bloccarlo “è che tutti capiscono che è la chiave di volta per bloccare l’immigrazione irregolare. Se lo scafista si ritrova fuori dai confini europei, questo è il più grande deterrente che possiamo mettere in campo”. 

“È la prima volta, infatti, che i trafficanti di esseri umani mi hanno minacciato di morte”. E sul decreto sui Paesi sicuri, “le argomentazioni con cui il tribunale di Bologna chiede alla Corte europea di disapplicarlo sembrano più un volantino propagandistico. Pochi giorni fa il Consiglio d’Europa ha attaccato la polizia italiana e seguendo questi ragionamenti potrei allora dire che gli immigrati non possono venire in Italia perché l’Italia non è un Paese sicuro”. Ma Meloni insiste sulla necessità che sia lo Stato, e non i giudici, a individuare i Paesi sicuri: “Se noi diciamo che l’Egitto non è un Paese sicuro, parliamo di 140 milioni di persone a cui diciamo che possono venire qui, e chi lo regge l’impatto? Allora penso che qui si stia dicendo che l’Italia non può fermare l’immigrazione illegale e deve accogliere tutti. Si vuole impedire che ci si metta un freno. Addirittura le opposizioni in Europa hanno chiesto una procedura d’infrazione che non è contro l’Italia, è contro gli italiani”. 

La politica si confronta su Stellantis. No di Elkann alle audizioni alla Camera

Nel dibattito politico tiene banco la crisi Stellantis. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha convocato il tavolo di crisi per giovedì 14 novembre a Palazzo Piacentini; sono stati invitati a partecipare i rappresentanti dell’azienda, delle Regioni sede di stabilimenti produttivi, delle organizzazioni sindacali e dell’Anfia (Associazione nazionale filiera italiana automotive). Ma intanto è esplosa la polemica dopo che il presidente del colosso automobilistico John Elkann ha deciso di non intervenire in audizione in Parlamento. Elkann ha scritto una lettera al presidente della Commissione Attività produttive della Camera, il leghista Alberto Gusmeroli, per informarlo che non sarebbe andato, così come invece previsto dopo l’intervento dell’11 ottobre scorso dell’ad Carlos Tavares, per essere ascoltato dai parlamentari sulla situazione dell’automotive in Italia. 

Nella missiva Elkann ha ribadito “la disponibilità a un dialogo franco e rispettoso” e che “Stellantis prosegue le interlocuzioni con il Mimit nell’ambito del tavolo di confronto istituito presso il dicastero, in attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio”. Ma il presidente di Stellantis ha aggiunto che, “non essendoci aggiornamenti” dall’audizione dello scorso venerdì, “non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’ad”. Pronta la risposta del presidente della Commissione Gusmeroli, in apertura delle audizioni dei sindacati sul dossier, dopo aver dato lettura della lettera inviata da Elkann: “L’automotive è un asset strategico per il Paese. L’audizione di Tavares è stata quella di un ad pro tempore. Il presidente John Elkann rappresenta gli shareholder e un gruppo che ha dato, ma dal Paese ha anche ricevuto moltissimo. Per questo, ritengo di rinnovare al presidente Elkann la richiesta di audizione sulla situazione del gruppo in Italia”. 

Dura la reazione della premier Giorgia Meloni secondo cui Elkann “non ha detto solo di no, ha detto no perché aspetta il tavolo del Governo, ma temo che lui non conosca il funzionamento dello Stato italiano, perché sono due cose completamente diverse e mi sarei aspettata un maggiore rispetto per il Parlamento. Poi noi dei tavoli con Stellantis li abbiamo fatti, ma proponevamo accordi di sviluppo, cioè, davamo dei fondi per aumentare la produzione, e invece la produzione veniva diminuita. Ma così non funziona, sono soldi degli italiani. I soldi degli italiani si investono quando vanno a beneficio degli italiani. È un dialogo che continueremo a fare come facciamo con tutti, ciò non toglie che avrebbe fatto bene ad andare in Parlamento”. 

Cgil e Uil decidono per lo sciopero generale contro la manovra

Cgil e Uil scendono in piazza, di nuovo senza la Cisl, contro le scelte messe in campo dal governo di Giorgia Meloni sulla manovra; per chiedere di cambiare la legge di Bilancio tornano a proclamare insieme lo sciopero generale: la data è quella di venerdì 29 novembre. La decisione segna un’ulteriore frattura del fronte sindacale, cristallizzando posizioni assai diverse, e riaccende lo scontro con la maggioranza. “Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio”, ironizza la premier, che intervistata da Bruno Vespa indica i temi in manovra che ai sindacati dovrebbero piacere e sottolinea che la protesta arriva prima della convocazione prevista per martedì a Palazzo Chigi. La Lega, poi, non usa mezzi termini e respinge ai mittenti le ragioni della protesta: “Sindacati ridicoli, scioperano contro l’aumento dei redditi”. La mobilitazione potrebbe, al contrario, trovare la sponda dell’opposizione, come già successo più volte. 

Otto ore di stop e manifestazioni territoriali accompagneranno lo sciopero generale mentre la politica inizia a immaginare le modifiche alla legge di Bilancio, che arriveranno con gli emendamenti entro l’11 novembre con l’obiettivo di chiudere la manovra prima di Natale. Ma i temi delle modifiche sembrano davvero distanti da quelli dello sciopero generale, il quarto consecutivo di Cgil e Uil. I sindacati sono critici su fisco, salari e pensioni, sanità, sicurezza sul lavoro. Si chiede di cambiare la manovra che non risolve i problemi del Paese, anzi lo “porta a sbattere”. Si dice no ai tagli e si rivendica l’aumento del potere d’acquisto, il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. Bisogna prendere “i soldi dove sono”: extraprofittirendite e grandi ricchezzeevasione. Non è sufficiente, inoltre, la conferma del taglio del cuneo fiscale

Il Pd chiede una coalizione più larga ma restano i veti del M5S e Avs

Al Nazareno lo sguardo è tutto sulle Regionali. Mancano poco alla sfida elettorale in Umbria ed Emilia-Romagna e la segretaria Elly Schlein suona la carica: vincere per “tirare insieme” verso il rafforzamento del campo progressista. Dopo che la sconfitta in Liguria ha riattivato ruggini e malumori nel centrosinistra, la leader invita a lasciare da parte polemiche e “inutili competizioni”. Ribadisce lo “spirito testardamente unitario” cha ha spinto il Pd all’exploit ligure e insiste: “Sia di stimolo per tutti”. Schlein lancia un warning agli alleati, ma ribatte anche alle critiche mosse dall’area riformista del partito. Evidenzia la crescita del consenso del Pd, e a chi contesta un appiattimento sul M5S risponde: “non ci appiattiamo su nessuno, siamo il perno dell’alternativa”. 

A chi, come Giuseppe Sala, sottolinea l’importanza del centro per vincere, dice: partiamo dal nucleo con M5S e Avs, “ma per battere le destre bisogna ambire ad allargare”. Dopo le dichiarazioni del day after, i riformisti dem sembrano aver accettato la linea della segretaria: testa bassa sulle Regionali. “Nessuno strappo e nessuna fronda”. Discussioni e riflessioni interne, dunque, rimandate al termine del forcing elettorale. Ma il faro della minoranza dem, così come quello dei vincitori del congresso, resta puntato sui pentastellati. Dalla minoranza c’è chi torna a ribadire: “I veti di Conte non vanno assecondati”. 

Marco Sarracino, componente della segreteria, si rivolge invece direttamente ai partner: “mai più veti del M5S”. La stessa Schlein, senza però chiamare apertamente in causa i 5s, dichiara: “servono alleati solidi”. E tra qualche parlamentare dem, inizia a farsi largo l’ipotesi che il M5S, agitato dalla guerra interna, possa virare dopo la Costituente verso una linea che sottolinei un’alterità rispetto al centrosinistra. In casa 5s, però, così come dalle parti di Avs, i veti su Matteo Renzi non accennano a cadere. Anzi, sembrano rafforzarsi: “La richiesta di alleati stabili cozza con chi non ha detto no a Renzi”; i vertici del Movimento mettono in guardia sull’usare le difficoltà sui territori dei pentastellati come strumento per forzare la mano sull’allargamento a Iv. Le scaramucce con Renzi, intanto, continuano: mentre Angelo Bonelli conferma che il “no” al leader di Iv in Liguria è stato giusto, Renzi, ribatte: “Basta con i veti, stracciando la nostra lista firmata da Orlando, il centrosinistra ha stracciato la vittoria”. “Curioso che tutti diano la caccia a Conte” ragiona Nicola Fratoianni “e nessuno guardi alla crisi politica del centro”. Il deputato di Sinistra italiana rilancia l’esigenza di un tavolo per dare stabilità alla coalizione, come già richiesto da Riccardo Magi

Alla Camera

Dopo che ieri è stato approvato il decreto per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Ue e sulle procedure d’infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano nella giornata oggi l’Assemblea della Camera non si riunirà. 

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari costituzionali, con la Giustizia, esaminerà le pdl sulle funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti e di responsabilità per danno erariale. La Esteri ascolterà i rappresentanti di Breaking the Silence.

Al Senato

L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per esaminare il ddl per lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane, il ddl per l’istituzione della Giornata nazionale delle periferie urbane e la relazione intermedia sull’attività svolta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro. Come di consueto svolgerà le interrogazioni e alle 15.00 le interrogazioni a risposta immediata.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali esaminerà, con la Giustizia, confronterà sul ddl sicurezza. La Politiche dell’Ue si confronterà sulla relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2024 e la legge di delegazione europea 2024, e sulle disposizioni relative alla data di applicazione e sugli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell’Unione europea. La Finanze svolgerà alcune audizioni sullo schema di decreto legislativo per la revisione del regime impositivo dei redditi.

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