Nordio supera il voto di sfiducia mentre l’Anm sale al Colle da Mattarella
La Camera ha bocciato la mozione di sfiducia delle opposizioni contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio nel mentre l’Anm è stata ricevuta al Quirinale. La mozione di sfiducia nasce dal caso Almasri ma le tensioni sulla giustizia, soprattutto quelle tra toghe ed esecutivo, sono ancora concentrate sul disegno di legge costituzionale che, dopo il primo via libera a Montecitorio, è all’esame del Senato dove ha ottenuto ieri il parere favorevole della Commissione Giustizia. Sono da poco passate le 9.30 quando Carlo Nordio prende la parola in Aula alla Camera per rispondere alle accuse delle opposizioni che, dice il Guardasigilli, ricordano “un’inquisizione, in un cahier de Doléances cui sembrano mancare solo le accuse di simonia e bestemmia”. Sulla vicenda del generale libico, arrestato e poi liberato e riportato a casa a bordo di un volo di Stato, il Ministro ribadisce: “Non sono un passacarte” e “le richieste della Corte penale internazionale sollevavano dubbi e contenevano inesattezze”.
Dura la replica delle opposizioni: la segretaria del Pd Elly Schlein bolla la vicenda come “una delle pagine più vergognose cui questo Parlamento è stato sottoposto”, “Nordio è diventato l’alfiere del populismo panpenalista e non può continuare a ricoprire il ruolo di Ministro, perché ha scelto la ragione di partito a quella del diritto”. Per Angelo Bonelli di Avs, “le dimissioni sono un atto di igiene politica per il Paese perché Nordio non può venire qui a mentire e dire che un Ministro non è un passacarte”. “L’Italia si vergogna di ciò che è avvenuto”, sottolinea il deputato M5S Federico Cafiero De Raho, mentre Riccardo Magi di Più Europa rincara la dose: “Non eseguire il mandato di cattura su Almasri ci ha declassati a uno di quegli staterelli un po’ canagliette”, e la capogruppo di Italia viva Maria Elena Boschi taglia corto: “Nordio ha mentito in aula e per questo deve dimettersi”.
Dal canto suo il Ministro si difende dalle critiche: “Il sospetto è che tutti gli attacchi che riceviamo, che arrivano in modi sciatti, siano programmati per evitare la madre di tutte riforme, legata alla separazione delle carriere e al sorteggio. Spero di sbagliarmi ma voglio essere chiaro: quali che siano gli attacchi, non vacilleremo e non esiteremo. La riforma andrà avanti”. Mentre la Camera respinge, con 215 voti contrari e 119 favorevoli, la mozione contro il Guardasigilli, la giunta dell’Anm è stata ricevuta al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sono da poco passate le 12.00: in Transatlantico, Nordio commenta “soddisfatto” il voto contro la sfiducia e ribadisce “l’auspicio di un dibattito civile e leale, senza contrapposizioni”, che finora è mancato. Negli stessi minuti, al Colle, le toghe mostrano, nell’incontro con Mattarella, “preoccupazione per i frequenti attacchi rivolti alla magistratura negli ultimi mesi”. “A me non piacciono le polemiche”, dirà poco dopo il presidente dell’Anm Cesare Parodi, “noi di certo continueremo a manifestare le nostre idee con correttezza e dignità. Se avremo degli atteggiamenti egualmente corretti ne saremo lieti e se le altre parti avranno per scelta un atteggiamento diverso ne prenderemo atto ma non cambierà la nostra linea. Noi siamo per il dialogo”. Intanto però l’incontro fissato per oggi a via Arenula con l’Anm, proprio sul tema efficienza, slitta a data da destinarsi.
Meloni condivide la linea sull’Ucraina in vista della riunione dei volenterosi
L’Italia non è disponibile a inviare proprie truppe militari in Ucraina nello scenario proposto da Francia e Germania, diverso sarebbe se prendesse corpo una missione di “monitoraggio” sotto l’egida dell’Onu. In poco meno di un’ora di vertice a Palazzo Chigi è stata definita la linea con cui Giorgia Meloni si presenterà al summit dei volenterosi a Parigi. Il comunicato ufficiale mette nero su bianco la posizione condivisa, dopo giorni di forti fibrillazioni, soprattutto fra Matteo Salvini e Antonio Tajani. “Basta liti in pubblico”, sarebbe stato l’avvertimento ai suoi vice da parte della premier preoccupata che distinguo e sgambetti interni sui temi di politica estera possano creare problemi al Governo, offrendo peraltro il fianco agli attacchi sempre più intensi delle opposizioni.
La ricostruzione è smentita in serata dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi che parla di una “salda convergenza” e di nessuna “intimazione” da parte della premier facendo riferimento all’esito della riunione riportato dalla nota ufficiale. Al vertice era presenta anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, nonché diplomatici e militari, una riunione di carattere operativo, dunque, non solo politico: sul tavolo gli scenari di una situazione geopolitica in continua evoluzione. Ma prima vanno messe da parte le tensioni interne, montate fra i disallineamenti sul ReArm Europe, i dazi, la telefonata di Matteo Salvini al vicepresidente Usa JD Vance e le parole di Tajani sui “populisti quaquaraquà”. Meloni li ha voluti riunire per arrivare a Parigi con un mandato chiaro: il momento è di quelli estremamente complicati, va ripetendo, non c’è margine per mostrare crepe, in particolare sulle questioni internazionali. Salvini a fine vertice si presenta a una conferenza stampa della Lega dicendo che è andata “benissimo”, liquidando “certi retroscena surreali” e rifilando l’ennesima stoccata all’Ue: “Dovrebbe permetterci di fare debito sano per la sanità, non per fare guerre”.
Antonio Tajani preme sui colleghi di Governo affinché si scelga il coordinamento con l’Ue per mettere a punto le risposte ai dazi americani e insiste sulla necessità di aprire un dialogo con Berlino, anche caldeggiando un incontro fra Meloni e il cancelliere in pectore Friedrich Merz, per bilanciare l’asse che sta prendendo forza fra Parigi e Londra. Bisogna stare in campo, la sintesi della sua moral suasion, per influenzare le decisioni in questo momento. Poco dopo arriva il comunicato di Palazzo Chigi: s’indica il “contesto euroatlantico” come cornice in cui costruire “garanzie di sicurezza solide ed efficaci” per Kiev, “insieme ai partner europei e occidentali e con gli Usa”. Si sottolinea che l’idea di mutuare l’articolo 5 della Nato (sulla difesa collettiva di un alleato attaccato) “sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”. E soprattutto si ribadisce che “non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Quindi, non c’è margine per aderire a una strategia come quella dei ‘volenterosi’, promossa da Emmanuel Macron e Keir Starmer.
Le mozioni sulla politica estera dividono le opposizioni in Parlamento
È risiko di mozioni tra le opposizioni. Dopo il testo depositato da Azione per continuare a sostenere l’Ucraina, portare la spesa militare al 2%, continuare “a lavorare con i volenterosi per dare all’Ucraina quei materiali bellici che le servono per resistere” ed “essere pienamente dentro il processo di costruzione di una politica di difesa comune e tendere a un esercito comune”, è il M5S ad annunciare una nuova mozione: “Il Parlamento deve votare su questo piano di riarmo. Non possono portarci a un’economia di guerra senza neppure il voto dei cittadini”, dice chiaro Giuseppe Conte, “In queste ore la Commissione Ue ha anche varato un piano per allarmare i cittadini. Ci chiedono di riempire le nostre case con scorte alimentari, ma i cittadini non riescono neanche a riempire il carrello della spesa. Ci chiedono di fare scorta di farmaci, ma i cittadini non possono comprare farmaci”.
Il testo impegna il Governo a “non proseguire nel sostegno del piano di riarmo europeo ReArm Europe/Readiness 2030” e “sostenere nelle opportune sedi europee la sostituzione integrale” con “un piano di rilancio e sostegno agli investimenti” sulle priorità politiche dell’Ue, dalla spesa sanitaria all’istruzione, passando dal sostegno alle filiere produttive e industriali, “per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile”. All’iniziativa pentastellata si associa prontamente Avs. E se Giuseppe Conte rilancia l’appuntamento del 5 aprile, i leader di Avs rispondono presente: “Siamo stati invitati e ci saremo”. Diversa la partita che è costretto a giocare il Pd: dopo aver raggiunto un difficile equilibrio interno nella risoluzione votata compattamente dai dem dopo le comunicazioni di Giorgia Meloni la scorsa settimana, Elly Schlein rischia di dover tornare a sminare un terreno complicato; “Il nostro no al riarmo lo abbiamo espresso nella risoluzione, chiedendo una revisione radicale del piano”, assicurano i dem, e poi ammettono che “Andiamo avanti un passo alla volta, ogni giorno ha la sua grana”.
Eppure, proprio della “necessità di accelerare e strutturare” il percorso di costruzione dell’alternativa, “ragionando sul come”, avevano discusso, in una lunga chiacchierata nel cortile d’onore della Camera, Elly Schlein, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, al termine dell’esame della mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni (a eccezione di Azione) nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio e poi respinta dall’assemblea. Alla segretaria Pd e ai coportavoce di Avs si era aggiunto poi anche il segretario di Più Europa Riccardo Magi. I leader, secondo quanto viene riferito, hanno esaminato il dossier Giustizia e valutato come mettere in evidenza, in questa fase, le divisioni della maggioranza, specie sulla politica estera. La mozione del M5S, arrivata neanche un’ora dopo, ha complicato, però, anche il quadro delle opposizioni. Non è passata inosservata, poi, la scelta di Carlo Calenda di invitare al Congresso di Azione “Meloni e mezzo governo”. Ad ogni modo, l’impressione è che fra le diverse anime delle opposizioni le distanze siano ancora grandi e che il vero dibattito per la costruzione di un’alternativa non sia ancora partito o quantomeno non sia ancora riuscita a dare segni concreti di concretezza.
Trump annuncia i dazi sulle auto importate dall’Europa
Donald Trump annuncia che colpirà con i dazi le auto importate, una mossa che nelle intenzioni del presidente americano servirà a stimolare la produzione nazionale, ma potrebbe anche mettere a dura prova le finanze delle case automobilistiche che dipendono dalle catene di forniture globale e tradursi in costi più elevati per i consumatori americani, con il rischio di un impatto anche contro la stessa industria americana, tra una riduzione dei profitti e un raffreddamento degli investimenti. Trump ha dichiarato sin dall’inizio del suo ritorno alla Casa Bianca che le tariffe sulle importazioni di auto sarebbero state una priorità della sua presidenza e infatti le ha annunciate subito contro Canada e Messico per poi deciderne la sospensione di un mese dopo le proteste delle case automobilistiche. Adesso il Presidente americano sembra più determinato che mai: “Ricominceremo a costruire automobili, cosa che sappiamo fare da molto tempo”, ha dichiarato lunedì il tycoon. È bastata la notizia dell’annuncio dell’imposizione di dazi sulle auto a far crollare i mercati azionari.
La misura del presidente americano potrebbe anche innescare ulteriori scontri commerciali con paesi stranieri, in particolare con nazioni europee come Germania e Italia, ma anche il Giappone e la Corea del Sud. Quasi la metà di tutti i veicoli venduti negli Stati Uniti, infatti, sono importati come è d’importazione quasi il 60% delle parti dei veicoli assemblati negli Usa. I dazi sulle auto si inseriscono nell’ambito di una vasta riorganizzazione delle relazioni commerciali globali da parte di Trump che culminerà il 2 aprile, “il giorno della liberazione” come l’ha chiamato il presidente, con l’imposizione di dazi reciproci ai “dirty 15”, ossia ai 15 Paesi con cui gli Usa hanno il peggior squilibrio commerciale, tra cui Paesi dell’Ue. La Commissione Ue sostiene che “il piano finale degli Usa sui dazi non è ancora chiaro ma le tariffe si applicheranno per tutti e 27” i Paesi membri.
Secondo il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic, martedì negli Usa per incontrare i negoziatori americani, i dazi si aggirerebbero attorno al “20%”. Nei suoi colloqui con il segretario al commercio americano Howard Lutnick, il rappresentante commerciale Jamieson Greer e Kevin Hassett, direttore del National Economic Council, Sefcovic ha avvertito che una tariffa del 20% sulle importazioni dall’Ue sarebbe “devastante” per il blocco. Bruxelles ha iniziato a preparare una seconda tranche di dazi di ritorsione qualora Trump confermasse le misure aggiuntive la prossima settimana. L’Europa ha già stilato un pacchetto da 26 miliardi di euro, dopo che gli Stati Uniti hanno colpito tutto l’acciaio e l’alluminio, che si applicherà dal 12 aprile. La premier italiana Giorgia Meloni ha rassicurato le aziende del made in Italy spiegando che i prodotti italiani, soprattutto quelli agricoli si tutelano con la diplomazia”.
Alla Camera
Dopo che ieri ha respinto la mozione di sfiducia nei confronti del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, nella giornata di oggi l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per esaminare le mozioni per reintrodurre il cosiddetto Bonus Renzi al fine di sostenere il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione e la pdl in materia di cancellazione dai pubblici registri dei veicoli fuori uso sottoposti a fermo amministrativo.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali esaminerà, con la Giustizia, la pdl in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti e di responsabilità per danno erariale e, con la Difesa, il ddl sull’ordinamento, l’organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia, delle Forze armate nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Alle 8.30, la Affari Esteri, assieme alla Difesa e alla rispettiva del Senato, ascolterà il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani e il Ministro della Difesa Guido Crosetto nell’ambito dell’esame sulla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali per l’anno 2025 e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione riferita all’anno 2024.
La Bilancio esaminerà il ddl per il riconoscimento e la promozione delle zone montane e, con la Politiche Ue e le rispettive del Senato, incontrerà informalmente il Commissario europeo per il bilancio, la lotta antifrode e la pubblica amministrazione Piotr Serafin sul prossimo Quadro finanziario pluriennale. La Cultura esaminerà le pdl per l’istituzione della Giornata nazionale contro la violenza negli stadi in memoria dell’ispettore capo della Polizia di Stato Filippo Raciti, la risoluzione per favorire l’approfondimento della conoscenza del Cantico delle creature di San Francesco D’Assisi in tutte le scuole di ogni ordine e grado e svolgerà delle audizioni sulla pdl per cambio della denominazione dell’Archivio centrale dello Stato in quella di Archivio nazionale. La Trasporti, con la Attività Produttive, esaminerà le proposte di legge in materia di organizzazione e funzionamento dei call center, mentre, con la Lavoro, dibatterà sullo schema di decreto legislativo sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada.
Al Senato
Nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana, l’Assemblea del Senato non si riunirà. I lavori di Palazzo Madama riprenderanno martedì 1° aprile alle 16.30 con l’esame del ddl per l’abrogazione di atti normativi prerepubblicani relativi al periodo dal 1861 al 1946 e della proposta di Legge quadro in materia di interporti.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Finanze ascolterà i rappresentanti dell’Agenzia delle entrate nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla gestione del magazzino fiscale da parte dell’ente della riscossione. Tutte le altre Commissioni, invece, non terranno seduta.
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