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Telegram, la Difesa russa chiede ai militari di cancellare le chat. Ha paura che Durov dia le chiavi alla Francia 

“Cancellate tutte le chat su Telegram”, che è il principale mezzo di comunicazione social dell’esercito russo in Ucraina. Secondo Baza, ben noto per le sue fonti nei servizi di sicurezza russi, a Mosca e dintorni è già partito l’ordine indirizzato ai funzionari dell’amministrazione presidenziale, del governo e delle agenzie che si occupano di sicurezza: “Cancellate le conversazioni su Telegram”, sarebbe l’input recapitato anche ad ambienti del ministero della Difesa e a uomini d’affari di primo piano. Chi non ha ancora ricevuto la disposizione formale, afferma Baza, si aspetta un’indicazione chiara nelle prossime ore.

Il timore non confessato apertamente è che Pavel Durov consegni le ‘chiavi’ di Telegram (che ricordiamo è open source) agli inquirenti francesi, dopo il suo arresto in Francia.

Vladimir Solovyov, volto e voce di Russia 1, spiega meglio la “fuga” della Difesa russa da Telegram.

“È tutto legato alle conversazioni criptate. Faccio solo una domanda. C’è qualcuno non al corrente del fatto che tutto il nostro apparato militare fa affidamento su Telegram? E che tutti i membri del nostro governo usano Telegram? WhatsApp è americano, Telegram è relativamente libero”. Recentemente, sempre in tv, è stato il blogger militare Kirill Fyodorova spiegare l’importanza di Telegram per le operazioni militari: “Abbiamo usato Telegram prima di lanciare missili Iskander. La nostra artiglieria usa Telegram per gli obiettivi. Lo stesso fa l’aviazione“.

Ma Durov potrebbe davvero consegnare le “chiavi” di Telegram alla Francia? Qual è il suo rapporto con Putin?

Già nel 2011 Durov già si era già rifiutato di obbedire ad un’ingiunzione del Servizio federale di sicurezza russo (Fsb) che gli aveva chiesto di bloccare i gruppi di opposizione che avevano creato una pagina su V-Kontakte (Vk) (una sorta di facebook russo che fondò nel 2006 insieme a un compagno di università) con migliaia di aderenti, per protestare contro Vladimir Putin.  

Già nel 2014 disse “no” a Putin. Infatti, si rifiutò di consegnare alle autorità russe informazioni sulle identità di alcuni dimostranti contro l’invasione della Crimea e di bloccare la pagina di Alexei Navalny, allora il più importante oppositore del regime di Vladimir Putin. Durov si dimise da ammistratore delegato di.

Poi un altro no nel 2014. Si è rifiutato di comunicare alle autorità i dati personali degli organizzatori del gruppo Euromaidan, centrale nelle contestazioni a favore dell’Europa in Ucraina.

Ecco perché, dopo l’ennesimo scontro, decise di lasciare il Paese. “Non ho alcuna intenzione di ritornarci. Soprattutto dopo che ho rifiutato pubblicamente di collaborare, a Mosca non mi sopportano”, aveva detto in un’intervista al sito americano TechCrunch.

Infine, nel 2018, fu sbandierato (anche dai canali russi di Stato) che, questa volta nei panni del fondatore di Telegram che ha creato ad agosto 2013), si era rifiutato di consegnare al governo russo le chiavi di crittografia per accedere alle conversazioni degli utenti sul social.

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